I cavalieri di Altopascio: l'Ordine del Tau
Chiunque cammini fra i palazzi di pietra e gli antichi mattoni, del borgo di Altopascio, sente viva la presenza del Medioevo. La lunga e gloriosa storia dei frati Ospitalieri del Tau di Altopascio ha conosciuto, infatti, il massimo splendore proprio nella prima metà del XIII secolo, quando in Italia si stavano producendo i più importanti mutamenti.
Tra l’emergere delle lotte di fazione all’interno dei vari comuni ed il conflitto tra il Papato e l’Impero, che dovevano fare i conti con realtà cittadine sempre più consolidate s’inserì anche Altopascio. Subendo l’egemonia dei grandi comuni vicini, soprattutto di Firenze che ambiva alle ricchezze degli Ospitalieri, venne salvata solo dai numerosi interventi del Papato.
L’Ordine degli Ospitalieri di Altopascio prese come proprio simbolo il segno del “Tau”, che figura anche nella torre. Tale lettera greca evocava, in primo luogo la caratteristica forma del bardone dei pellegrini, e si caricava anche di altri contenuti simbolici. Esperti fanno riferimento alla croce, e ad un martello o comunque ad uno strumento di lavoro, che richiamava ad uno dei compiti principali dell’Ordine: curare e mantenere lo stato delle strade e dei ponti.
Ad oggi non è noto con esattezza l’anno di fondazione dell’ordine; la prima attestazione risale al 2 agosto 1084, ma la struttura ospitaliera doveva però già essere nota date altre fonti.
Nulla si sa nemmeno sugli artefici della fondazione, che la tradizione attribuisce ad un gruppo di dodici cavalieri lucchesi: numero certamente simbolico che veniva adotatto spesso nella fondazione di chiese, ospedali ed ospizi per pellegrini.
I Cavalieri del Tau osservavano la Regola, che fu loro concessa ufficialmente il 5 aprile 1239 da papa Gregorio IX. Essa conferiva al gruppo lo status di Ordine Religioso, e disciplinava ogni aspetto della vita; dalla gestione delle mansioni, alle precise indicazioni sulla struttura organizzativa.
I Cavalieri erano autorizzati ad indossare la spada, per adempiere al compito di protezione dei pellegrini.
Il Gran Maestro generale restava in carica a vita; egli veniva eletto da una commissione di dodici frati, a loro volta scelti dal priore della chiesa, un frate cavaliere ed uno non cavaliere.
L’assistenza le cure e l’accoglienza venivano fornite in base all’urgenza; ogni mansione disponeva di quattro medici e di due chirurghi laici, i quali dovevano essere in grado di affrontare le malattie più comuni all’epoca e tutte le emergenze che potevano capitare ai viandanti, come ferite, piaghe e fratture.
L’ordine si affermò abbastanza velocemente, ottenendo in breve tempo sempre più donazioni e privilegi.
Tra l’XI e il XII secolo l’Ordine possedeva già moltissime proprietà in tutta Italia e la loro fama valicò i confini italiani. Nel XIII sec. l’Ordine dei Cavalieri del Tau aveva raggiunto l’apice del suo splendore e della sua ricchezza, dopodiché, a partire dal secolo successivo, cominciò la fase di lenta ma inesorabile decadenza.
Una parte di responsabilità lo ebbe sicuramente la perdita di valenza della Via Francigena, soprattutto in concomitanza dello spostamento della sede papale ad Avignone.
Il colpo decisivo, però, si ebbe a causa delle guerre intestine che scoppiarono in Toscana tra Pisa, Lucca e Firenze, che videro Altopascio, sede principale dell’Ordine, centro del teatro degli scontri.
Quando, nel 1339, Firenze conquistò definitivamente il territorio altopascese, con la perdita d’importanza della Via Francigena, l’Ordine perse progressivamente la sua importanza, fino alla soppressione definitiva nel 1587, per opera di papa Sisto V.
A distanza di tre secoli, però, un gruppo di eminenti storici fiorentini, ricostruirono la storica compagnia di Altopascio, traducendo in chiave moderna gli antichi ideali di solidarietà, accoglienza e rispetto reciproco.
Il duro lavoro degli Ospedalieri è ancora visibile in ciò che rimane del complesso: le sale e la loggia di piazza Ospitalieri, la chiesa di San Jacopo annessa all’ex ospedale (anche se ampiamente modificata nel 1827) e la loggia dei pellegrini.
La struttura allora, si presentava all’esterno come un castello munito e fortificato da un’imponente cinta muraria. Vi si accedeva da una porta detta degli Ospitalieri. Dopo di essa, a sinistra, vi erano la Mansio o Magione, sede degli uffici direzionali e di rappresentanza, e i magazzini. Lungo il lato di mezzogiorno si trovava la Domus, residenza degli Ospitalieri, e sul fondo, un portico serviva da passaggio coperto per la chiesa. In mezzo si trovava un’ampia corte dominata da un pozzo in pietra di forma ottagonale.
Il duro lavoro degli Ospedalieri è ancora visibile in ciò che rimane del complesso: le sale e la loggia di piazza Ospitalieri, la chiesa di San Jacopo annessa all’ex ospedale (anche se ampiamente modificata nel 1827) e la loggia dei pellegrini.
La struttura allora, si presentava all’esterno come un castello munito e fortificato da un’imponente cinta muraria. Vi si accedeva da una porta detta degli Ospitalieri. Dopo di essa, a sinistra, vi erano la Mansio o Magione, sede degli uffici direzionali e di rappresentanza, e i magazzini. Lungo il lato di mezzogiorno si trovava la Domus, residenza degli Ospitalieri, e sul fondo, un portico serviva da passaggio coperto per la chiesa. In mezzo si trovava un’ampia corte dominata da un pozzo in pietra di forma ottagonale.
La chiesa di San Iacopo, come detto alterata dai lavori di restauro, ha recuperato in parte la sua storia nel 1988, quando furono rinvenuti i resti di un precedente edificio di culto, risalenti alla fine dell’XI secolo. Da questi si deduce che il tempio originario era di dimensioni inferiori rispetto a quello costruito in seguito. La bella torre campanaria merlata, casa della Smarrita, ad esempio, è databile con precisione al 1280.
I lavori di modifica iniziarono forse nella seconda metà del Quattrocento, quando fu sostituita la copertura della chiesa con una volta a crociera, rifatto il portale, intonacato l’intero edificio e sostituito il pavimento. Risale poi al Cinquecento l’apertura di una porta sul lato sud, decorata con marmi colorati, e la realizzazione del fonte battesimale.
Tra il 1827 e il 1830 – dopo la chiusura dell’ospedale voluta dal Granduca Pietro Leopoldo – la chiesa venne completamente ricostruita. Da allora l’edificio si presenta come lo vediamo oggi, anche se nel 1995, quando la piazza antistante l’antica facciata è stata ridisegnata, il complesso si è decisamente riqualificato.